Il Museo in pillole

Diario di Bordo

Sulla pagina Facebook del Sistema Museale di Ateneo stiamo pubblicando il nostro Diaro di bordo, con piccoli contributi quotidiani su tutti i musei.

Contributi

La nostra cranioteca

La cranioteca del nostro museo rappresenta tutti gli animali domestici e, fra questi, le specie più comuni contano un numero cospicuo di esemplari, per cui consentono di effettuare comparazioni anche tra soggetti appartenenti a razze diverse.
Oltre alla presenza del dromedario e di quella dell’uomo, il campionario riporta anche animali esotici come il bufalo, la tigre e il delfino.

 

 

 

Le placente bovine

Forse non tutti sanno che una delle vetrine del museo è dedicata alle placente di bovini, piccoli ruminanti e camelidi.
Questi preparati sono stati iniettati, essiccati e presentati sia nella loro forma naturale di sacco tridimensionale, sia sotto forma di organi laminari aperti e stesi.
Tutte rivelano la ricchezza della loro vascolarizzazione.

 

 

Il gatto è un animale domestico?

Il rapporto uomo-gatto inizia prima del II° millennio a.C. nel Nuovo Regno Egizio mentre i primi esemplari ammansiti arrivano in Grecia tramite traffici commerciali con il Nord-Africa Orientale e con l’Egitto.
Così dal gruppo fenotipico Felis Lybica è derivato Felis catus L. (Gatto domestico) e dal XVIII secolo l’uomo è intervenuto sulla riproduzione a fini estetici, creando le varie razze.

Il gatto è un animale domestico?
Una specie domestica viene modificata selettivamente: nasce in cattività, viene nutrita e accudita dall’uomo in maniera costante e l’effetto di ciò è una modificazione anatomica e comportamentale, vincolata sempre da barriere
Fra le caratteristiche principali delle specie domestiche possiamo elencare la scarsa aggressività, la gregarietà (capacità di vivere in un branco all’interno del quale viene riconosciuto un leader), la possibilità di fornire una «produzione» (lana, latte, carne) o forza lavoro e la capacità di riprodursi in cattività.
Il gatto invece non riconosce alcun capobranco: l’uomo è un compagno con cui condividere l’ambiente e non fornisce prodotti o forza lavoro all’uomo (se caccia i roditori lo fa grazie al suo innato istinto di predazione). Inoltre questo animale non tende alla sottomissione e non sempre si lascia avvicinare dall’uomo. Possiamo quindi affermare che il gatto non è un animale domestico!

«I gatti possono vivere come animali da compagnia, attirandosi l’affetto degli esseri umani; oppure come animali semiselvatici tollerati, trovando ricovero in cantine ed in altri fabbricati; infine, possono cavarsela egregiamente anche da autentici carnivori rinselvatichiti, vivendo esclusivamente di caccia» (cit. J. Clutton-Brock, 2001)

 

Il dromedario: un animale sorprendente!

Il museo accoglie specie animali domestiche da produzione zootecnica e da affezione, nonostante il cavallo sia la specie più rappresentata, al suo interno è presente un cospicuo numero di preparati anatomici riguardanti i dromedari provenienti dalla tenuta di San Rossore. Oggi vi sveliamo alcune curiosità su questo animale.
Il dromedario (Camelus dromedarius Linnaeus, 1758) è un mammifero artiodattilo (due dita articolate tra di loro) della famiglia dei Camelidi, diffuso in Asia, Africa settentrionale e, ad oggi anche in Australia. L’origine del nome, dal greco, significa corridore, può percorrere infatti anche 150 Km in 20 ore, ad una velocità tra 5 e 20 Km/ora, con un carico fino a 200 Kg. Fu domesticato nella Penisola Araba tra il V e il IV millennio a.C. È un animale da soma, da produzione di carne, latte e pelle in territori ostili per altri mammiferi domestici: utilizzato da beduini nomadi nel deserto, nelle steppe o terreni rocciosi, ha permesso migliori condizioni di vita a chi l’ha domesticato.
Può resistere alla sete fino a una settimana, grazie alla capacità di bere molta acqua in pochi minuti (100 litri) e aumento della densità del plasma in seguito alla disidratazione, associato ad aumento del volume degli eritrociti.
Il dromedario è inoltre in grado di metabolizzare il proprio tessuto adiposo, specie quello localizzato nella gobba: l’ idrogeno che ne deriva, unito all’ossigeno dell’aria, produce acqua. Da 1 Kg di grasso si può produrre 1 L di acqua.
Nella foto una tavola del tardo ‘800 di Luigi Lombardini, realizzata da reperti del Museo Anatomico Veterinario

 

 

Il dromedario: non confondiamolo con il cammello!

Il museo accoglie specie animali domestiche da produzione zootecnica e da affezione, nonostante il cavallo sia la specie più rappresentata, al suo interno è presente un cospicuo numero di preparati anatomici riguardanti i dromedari provenienti dalla tenuta di San Rossore. Oggi vi sveliamo alcune curiosità su questo animale, spesso erroneamente confuso con il cammello.
Il dromedario presenta una grande gobba sul dorso, preceduta da una piccola gobba praticamente atrofizzata mentre il cammello ha due gobbe equivalenti. Il dromedario, inoltre, presenta una scheletro più leggero e un mantello con diverse sfumature dal beige fino al bianco. I due animali hanno però molte cose in comune: entrambi hanno un grosso cuscinetto calloso che riunisce le due dita, per meglio camminare in terreni difficili (sabbia, roccia) e narici allungate a fessura, che evitano l’entrata della sabbia portata dal vento.Presentano entrambi incisivi superiori e inferiori e canini molto potenti ed inoltre hanno 3 stomaci: il rumine ed il reticolo, dove si svolge un’importante azione di trasformazione del cibo grazie ai batteri, e l’abomaso, uno stomaco ghiandolare secernente succhi gastrici. Il rumine costituisce una camera di fermentazione, come in altri ruminanti, arricchito da estroflessioni, dette cellette acquifere. La funzione delle cellette è quella di ritardare l’assorbimento di grandi quantità di acqua per dilazionarne nel tempo i benefici.

 

 

Dal lupo al cane: storia di una lunga amicizia

I lupi compaiono intorno a 35 milioni di anni fa: colonizzano grandi territori grazie alla loro spiccata mobilità, coordinamento e cooperazione sociale, caratteristica comune a molti animali predatori. I giovani lupi rimangono con i genitori molto molto tempo e questo si configura come un meccanismo fondamentale per la creazione del branco: la lunga fase di dipendenza dagli adulti è una tappa fondamentale per la domesticazione. Il lupo si è domesticato prima della rivoluzione agricola: già 32.000 anni fa da alcuni resti di lupi si evince una proto-domesticazione avvenuta quando alcuni individui hanno cominciato a seguire i gruppi di cacciatori per accaparrarsi i resti della predazione umana. Il gironzolare attorno agli accampamenti umani, prima come ospiti indesiderati, poi, grazie alla perseveranza di alcuni di essi (autoammansimento) e al superamento della paura, ha fatto incontrare uomo e lupo.I lupi che hanno tollerato meglio la vicinanza umana hanno ottenuto più avanzi e la loro discendenza si è manifestata più numerosa rispetto ai loro fratelli più “selvatici”,  questa particolare mansuetudine prodotta da una selezione naturale rappresenta il primo passo da lupo a cane. Anche gli uomini hanno contemporaneamente cambiato atteggiamento verso i lupi-cani: tra 15.000 e 12.000 anni fa le società umane divennero più stanziali e la presenza di questi animali poteva essere utile per fare la guardia, inoltre 12.000 anni fa gli uomini divennero cacciatori usando primitive armi (lance di pietra): i cani domesticati sono utili ad attaccare le prede ferite che vengono condivise con gli umani.

 

 

L’origine del cane domestico: selezione naturale e selezione artificiale

Il lupo è stato il primo animale a essere domesticato mediante due meccanismi: una selezione naturale attuata dal lupo stesso, quando ha scelto di condividere con l’uomo le risorse alimentari (i suoi scarti) ed una selezione artificiale ad opera dell’uomo che ha determinato variazioni morfologiche e comportamentali tali da “creare” nuovi soggetti adatti alle specifiche esigenze umane (le razze).
La selezione naturale ben presto produce anche modificazioni di tipo anatomico uno dei primi effetti della domesticazione è infatti la riduzione della taglia: fuori dagli insediamenti umani un lupo piccolo è svantaggiato dalla competizione con soggetti più grandi mentre gli esemplari di piccola taglia sono incentivati a rimanere vicino agli uomini rispetto ai soggetti di taglia più grande. Questo fenomeno può essere interpretato come un primo passo di selezione artificiale. Questa selezione sulla base della piccola taglia (variazione di specifiche sequenze di DNA) ha prodotto le prime razze canine (quelle caratterizzate da peso inferiore a 22 Kg).

La convivenza con l’uomo ha prodotto una ulteriore selezione artificiale: dal punto di vista fisiologico la dieta dei cani si è spostata dal regime prettamente carnivoro del lupo a una dieta ricca anche di amidi.

Con l’avvento dell’agricoltura, gli avanzi della alimentazione umana si sono arricchiti di amidi e la plasticità tipica della specie canina ha permesso la acquisizione di amilasi pancreatiche, non presenti prima di tale dieta.

 

Dalla domesticazione del lupo alle varie razze canine:  differenze fra lupo e cane

Il lupo è un animale di aspetto snello mentre il cane presente una conformazione più robusta con arti più corti in proporzione alla massa corporea.

Il museo del lupo è più lungo in relazione al cranio ed il cranio stesso è più grande rispetto alla mole corporea, nel cane invece il museo risulta più corto ed il cranio più piccolo in relazione alla stazza (salvo nei cuccioli).

Gli occhi del lupo sono posizionati più lateralmente ed il colore dell’iride varia dall’ambra al marrone mentre nel cane gli occhi sono generalmente posizionati più in avanti e l’iride può essere anche blu.
Le orecchie del cane, rispetto a quelle del lupo, sono di dimensioni maggiori rispetto alla mole del cranio mentre i suoi denti sono meno voluminosi.
La code lupo viene tenuta quasi dritta e bassa in postura e deambulazione mentre nel cane è curva o arricciata, tenuta anche in alto nella postura e deambulazione.